giovedì 31 maggio 2007

mercoledì 30 maggio 2007

Matrimonio Gay in Europa/ Progressi


Il 16 maggio 2007 il governo norvegese socialista di Jens Stoltenberg ha presentato in commissione parlamentare un disegno di legge che apra il matrimonio alle coppie omosessuali, abrogando le attuali unioni civili.

Stesso percorso
era stato avviato dal governo svedese di Persson nel 2006, prima delle elezioni che hanno portato al potere il centrodestra. Nel gennaio 2007 la commissione incaricata di studiare il dossier ha raccomandato al nuovo parlamento l'estensione della legge sul matrimonio. La Chiesa di Svezia ha espresso lo stesso parere a marzo. Il Primo Ministro conservatore Reinfeldt non si opporrà alla nuova legge, in un panorama politico dove il solo partito che ha dichiarato la sua contrarietà sono i Kristdemokraterna (democristiani).

La previsione per l'Europa, dunque è che Svezia e Norvegia (seguite con tutta probabilità da Danimarca, Finlandia e Islanda) saranno i prossimi paesi a seguire Olanda, Belgio e Spagna in questo processo. Nonostante il parere favorevole dell'opinione pubblica, in Francia Sarkozy non intende andare aldilà di alcune modifiche degli attuali PACS. Allo stesso modo, è altamente improbabile che in Germania si arrivi al matrimonio gay finché la sinistra non sarà in grado di tornare al governo. Se otterrà un secondo mandato, il socialista José Socrates promette che introdurrà il matrimonio gay anche in Portogallo.

Ricordo, infine, che le coppie omosessuali in Svezia hanno già il diritto di adozione congiunta, all'interno di un'unione civile.

Tributo a Bologna

Grazie a tutti gli Erasmus, a tutti gli studenti e i lavoratori che fanno dell'Europa un posto più aperto e tollerante..

..una settimana fa lasciavo Bologna.. nostalgia..

martedì 29 maggio 2007

Bertinotti e la questione nord-operaia

All'indomani della conferma che nel Nord la Sinistra ha un appeal pari a zero (e che ora tende anche a meno infinito), il presidente della Camera Fausto Bertinotti spiega così la debacle sulla Repubblica di oggi: "Abbiamo perso al Nord perché abbiamo dimenticato gli operai". Interessante.

Sinceramente credo di più a lui. Ma forse la Sinistra continua a perdere oltre la linea del Po perché in giro continua ad esserci gente come il Fausto. In un Paese dove la Grande Industria occupa sempre meno operai e l'intera economia si rivolge ai servizi per quasi due terzi, mi sembra ragionevole che la Sinistra (quella che in teoria mira a non lasciare indietro le classi più deboli e ad assicurare ad ogni individuo una reale libertà di realizzazione) la smetta di avere il pallino dell'operaio proletario.

L'operaio proletario, a detta di ogni sociologo, quando stacca dal lavoro torna a casa a rimbecillirsi di tv, magari Mediaset e ormai non bazzica più di tanto le Feste dell'Unità. Al voto, sempre più spesso, vota a destra. L'operaio ha da tempo smesso i panni del lottatore di classe; spera anzi di diventare sempre più ricco, come ha fatto Silvio, e invidia il luccicante mondo dei vìppese del GF.

La classe che la Sinistra ha il dovere di tutelare nel XXI secolo è il piccolo borghese, l'impiegatuccio. Il precario, magari anche laureato, che arriva a fine mese con 1000 euro o poco più. Non si sposa e se si sposa non fa figli, facendo già i salti mortali per pagare il mutuo sulla prima casa. Sopravvive senza vivere, ed è il vero perdente della globalizzazione, dunque degno di tutela.

Capito, Fausto? L'operaio presto lo vedremo in compagnia delle statue di Lenin a Sobor Park. I piccoli borghesi ormai sono la maggioranza, che ti piaccia o no.

lunedì 28 maggio 2007

Elezioni/ See you soon in 2027





Tornado

Oggi a Roma piove forte.

La musica è Climbatize dei Prodigy

domenica 27 maggio 2007

Elezioni in Irlanda/ Vince ancora il Fianna Fàil

L'è semper lu. Dopo dieci anni di governo, il 24 maggio 2007 Bertie Ahern si è riconfermato Taoiseach (tìscia, primo ministro). Il suo partito, Fianna Fàil (soldati del destino) ripete il risultato del 2002 (da 41.5 a 41.6%) ma perde la maggioranza assoluta dei seggi al Dàil, la camera bassa irlandese, a causa del pessimo risultato dei partner di coalizioni, i piccoli liberali dei Progressive Democrats, che quasi scompaiono.

L'Irlanda è una terra strana. Passata dalla miseria rurale ai vertici mondiali della ricchezza in soli venti anni, è ragionevole che premi puntualmente il partito di governo alle elezioni. Più insolito il panorma politico, che vede il centrodestra raccogliere circa il 70% dei voti: difatti, la seconda forza dietro al Fianna Fàil (nello stesso eurogruppo, UEN, delle nostre AN e Lega, pur non essendo euroscettico) è il Fine Gael (famiglia irlandese), ossia i democristiani.

Il Partito Laburista, che si presentava in alleanza con il Fine Gael, ha raccolto soltanto il 10% dei voti. Il Sinn Féin (noi, socialdemocratici, un tempo vicini all'IRA) si è fermato al 6,5% mentre i Verdi arrivano al 4,7% e forse entreranno in coalizione con il Fianna Fàil, altrimenti costretto ad un governo di minoranza.

Nonostante le accuse di corruzione rivolte ad Ahern, gli Irlandesi hanno scelto la continuità e l'alleanza di centro-centrosinistra ha eroso voti non al Fianna Fàil, ma alle liste indipendenti e ai liberali. Si può concludere che per il momento le politiche sociali non sono una priorità per l'elettorato, in un contesto di crescita robusta e assenza di disoccupazione.

Per quanto riguarda i diritti civili, l'Irlanda resterà ancora a lungo sotto la media europea (e italiana). Il Fianna e il Fine sono contrari a qualsiasi revisione della situazione attuale, in materia di aborto, eutanasia e diritti LGBT. Anche se l'opinione pubblica si sta evolvendo in fretta (44% a favore del matrimonio gay, fonte: Eurobarometro), il 70% dei voti continua ad andare a partiti di centrodestra che bloccano ogni cambiamento.

L'insegnamento per l'Italia è piuttosto chiaro: se la sinistra laica subisce uno sbarramento al centro si riduce ad una forza che smuove troppi pochi voti per poter essere influente. Forse è da riconsiderare l'accortezza della scissione DS: si consegna la sinistra al centro.

Centrocentrodestra in Irlanda: tante riforme economiche ma zero civili.

sabato 26 maggio 2007

Sub my Dub/ Come l'Italia verrà sottotitolata

Quando ero in visita da una mia amica svedese a Stoccolma, rimasi impressionato dalla scioltezza con cui tutti parlavano inglese da quelle parti. L'autista del bus, come la portinaia dell'università, sfoderava un accento oxford, o quasi. La mia amica, che ha vissuto in Italia per un anno, ha spiegato le cose come stanno, con semplicità: "Voi Italiani non parlate inglese, e se lo parlate lo parlate male, perché non lo avete mai sentito in Italia". E' vero. La scuola ci dota di una grammatica traballante e l'italiano medio viaggia all'estero solo in gruppi organizzati. Ma il problema principale, come ha fatto notare la mia amica, è il doppiaggio, vera manna che censura qualsiasi lingua sul suolo italico.

I grandi Paesi come l'Italia, la Francia, la Spagna e la Germania doppiano, e chi ha viaggiato per l'Europa sa che Portoghesi (contro Spagnoli), Olandesi (contro Tedeschi), etc etc in Inglese fanno mangiare la polvere ai popoli del doppiaggio.

I doppiatori italiani (che, ammettiamolo, si dice siano tra i migliori al mondo) sono un gruppo non indifferente che deve mangiare ed è improbabile che la loro professione si estingua per decreto. Eppure, le cose si stanno muovendo in questa direzione, me ne sono reso conto nell'ultimo anno seguendo le puntate americane del telefilm Lost. Anche qui c'entra lo zampino di internet. Il doppiaggio richiede tempo e ogni produzione straniera sbarca in Italia con un ritardo che oscilla tra i sei e i dodici mesi. E' chiaro che gli spettatori più appassionati scaricano le puntate che in Italia sono ancora inedite, ma che nella rete si trovano già sottotitolate da qualche fan col pallino delle lingue.

Quando i cambiamenti partono dal basso, è difficile arrestarli. Man mano che le generazioni diventano più tecnologiche, è probabile che i telefilm perdano share a vantaggio del web, che offre puntate non doppiate con 24 ore di ritardo sul Paese di provenienza. Di conseguenza, se i ricavi scendono e i costi del doppiaggio restano costanti, l'industria del doppiaggio entrerà sotto crescente pressione, tanto più che il fenomeno riguarda anche l'industria cinematografica e che le persone che scoprono la convenienza dei sottotitoli, finiscono spesso anche per preferire la versione originale sottotitolata a quella doppiata. A un certo punto, non rimarrà alcuna utilità nel pagare uno stipendio ai doppiatori e i sottotitoli trionferanno.

Gli effetti principali saranno tre: i doppiatori si ridurranno, lavoreranno per prodotti di nicchia o cambieranno professione. I media nazionali trarranno giovamento dal fatto che alcune classi (anziani, pigri, abitudinari) preferiranno audiovisivi in lingua italiana, piuttosto che in versione originale sottotitolata. Infine, la popolazione imparerà notevolmente meglio l'Inglese, e chissà, forse si libererà anche di un bel po' di provincialismo.

venerdì 25 maggio 2007

Controcorrente/ La speranza si chiama Montezemolo

Se il discorso che Luca Cordero di Montezemolo ha tenuto ieri al congresso di Confindustria è stato percepito come una discesa in campo e accolto come un segnale preoccupante di mal auspicio dalla maggior parte dei commentatori, io sono in totale disaccordo.

L'Italia vive intrappolata nel berlusconismo da quasi 15 anni e la presenza del Montezuma nazionale nella nostra politica è una delle poche chances che la destra italiana ha di riformarsi in chiave moderna ed europea. E questo sarebbe un bene indubitabile.

Un avversario finalmente presentabile, competitivo per serietà e competenza, sarebbe davvero utile per il rinnovo dell'attuale gruppo dirigente della sinistra, e forse saprebbe togliere spazi al centro per il PD, spingendolo più a sinistra.

Auguriamogli di uscire dal bagagliaio della Fiat e di non rientrare dal finestrino.

Fuga dall'Italia








mercoledì 23 maggio 2007

Personali/ Settimana nel Nord

Lasciarsi riabbracciare dai portici di Bologna è sempre una felicità incredibile. Non c'è nulla di straordinariamente bello da ammirare a Bologna, è l'insieme che cattura. Gli studenti, il divertimento notturno, il cibo delizioso della tradizione emiliana, i tetti rossi e le torri e le luci giallastre della sera, i colli vicini a spezzare il pianoro. Il sapore medievale e la freschezza degli universitari. Il sacro e il profano. Il portico duecentesco e il punkabestia con il cane. La lasagna e la canna. La cattolica e la comunista. Presidiata da una polizia annoiata ad osservare il rumore dei giovani. Ipocrita e sfacciata, così italiana e amabile. 4 notti a cantare con Guccini Bologna e non volere andarsene più.

La Storia sa regalare momenti di gloria inaspettati e riprenderseli con crudeltà. Sulle pareti delle chiese di Ravenna, mosaici dagli occhi tristi cercano una capitale imperiale e trovano un borgo avvilente. Il contrasto con il passato è un pugno allo stomaco. Accarezzare la tomba di Dante mi ha emozionato. Ma il resto è fatto di case basse e anonime, ristoranti che di venerdì sera chiudono alle dieci, ed è tutto un noioso deserto.

Un pranzo a Parma può essere mangiato anche con gli occhi. Tortelli e prosciutti restituiscono un orgoglio italico, generalmente frustrato. Le vie lastricate, i prati, le chiese e i palazzi medievali riempiono di meraviglia, per una città che sembra l'archetipo della città ideale. Le biciclette scorrono ovunque, il centro è silenzioso, non si vedono macchine. Non una cartaccia a terra. Fiori alle finestre dei balconcini liberty. Il tempo è poco per conoscere meglio. Ma è facile immaginare la noia di una cittadina benestante e raccolta, terribilmente perfetta.

Scoprire Torino per la prima volta è scoprire che le cose bisogna sempre vederle con i propri occhi. Smentendo ogni previsione, Torino mi appare un'Italia a parte, lontanissima dalle mie latitudini. Viali di grande città, architetture deliziose, popolazione cordialissima, efficienza straniera e notti mediterranee. Un incrocio tra Roma e Milano: fighetti alla milanese a camminare e bere fino a tardi per le vie del Quadrilatero Romano, una Trastevere torinese fatta di vicoli, sampietrini, ristorantini con i tavolini all'aperto. Non c'è nulla di grigio in questa città. La cultura delle mostre e delle iniziative comunali è palpabile. L'immigrazione è molto evidente ma Torino sa accogliere da decenni gli stranieri, siano del sud d'Italia o del mondo. L'impressione che vivere a Torino sia un'esperienza piacevole per i sensi e stimolante per la testa.

Dai finestrini dell'auto scorre la pianura padana, incomprensibile per chi è cresciuto tra mare e colline. Campi, capannoni, innaffiatoi automatici e fiumi in secca. Una distesa verde con il cielo bianco, solo allo zenit è un po' celeste. Il caldo stringe in una morsa e il vento si è fermato aldilà delle Alpi. L'Astigiano sono morbide colline verdeggianti, una Toscana minore. Assaporo mentalmente i suoi vigneti.

Io amo questo benedetto assurdo Bel Paese.

mercoledì 16 maggio 2007

Benigni/ TuttoDante


Trascinato da mia madre insieme ad altri 10.000 al palatenda di piazzale Clodio, mi sono dovuto ricredere davanti alla strabiliante performance di Roberto Benigni. Quest'uomo a teatro raggiunge la sua forma migliore.

Un'ora di politica strepitosa, non potevo non ridere ogni 30 secondi. Riassunto di un anno di governo, dal partito democratico alle liberalizzazioni arrivando fino al family day e al famoso striscione romanista esposto a san siro "Quando voi stavate ancora sugli alberi, noi eravamo già froci". La Chiesa demolita insieme ai pruriti ipocriti del centrodestra. Tutto in un mare infinito di battute che se riportassi qui, rovinerei.

E poi una mezz'ora di introduzione alla Divina Commedia e al V Canto (quello di Paolo e Francesca, sulla lussuria). Il pubblico è vasto ma Benigni raggiunge tutti. Beh, quasi tutti. Dietro a me una ragazza chiede al fidanzato chi è Erode, poi Barabba, infine sentendo "Semiramìs, che libito fé licito per torre il biasmo ..." si chiede Ma è italiano?. Eppure Benigni incanta.

Un'ora di lettura del canto, spiegazione parola per parola. Un amore smisurato per la poesia e la vita trasuda da ogni sua parola, è impossibile non esserne inondati. A parte qualche patriottica svista (l'Italia, secondo lui, sembrerebbe aver inventato qualsiasi cosa, dalla retorica all'architettura all'io poetico), il discorso è perfetto. Con solenne semplicità spiega la storia, la Storia, le contraddizioni, inquadra, devìa, si allontana si avvicina, ritorna, va: è un fiume in piena che porta Dante e la sua attualità alle orecchie di ogni ascoltatore.

Ripenso alla mia professoressa di Italiano, Marisa Scognamiglio, quanto ha saputo trasmettermi quelle stesse emozioni! Penso quanto sono stato fortunato, che forse la maggioranza dei presenti si avvicina a Dante soltanto per la prima volta con passione. Penso che se tutti gli Italiani avessero avuto questa opportunità, l'Italia sarebbe un posto migliore. "Amor ch'al cor gentile ratto s'apprende". Amore che veloce prende il cuore educato all'amore. E così, anche l'amor civico.

A conclusione, Benigni recita senza testo l'intero canto. E' puro teatro. La sua voce arrochita dal lungo spettacolo risuona nell'enorme tenda silenziosa. Riscopro quanto è melodiosa la nostra lingua. Arriva a farmi commuovere insieme a Paolo, del suo amore dannato per Francesca. Possente, mai avrei pensato di intenerirmi con Dante.

Le luci si accendono. La catarsi ha funzionato. Esco all'aria fresca rinvigorito e felice. E allo stesso tempo dubbioso. Come è possibile che questo sia il paese del TuttoDante e del Family Day?

martedì 15 maggio 2007

Film/ Le Vite degli Altri




Per chi ha visto e amato Goodbye Lenin, Das Leben der Anderen rappresenta il volto tragico della storia. All'ingenua adesione ideologica al socialismo della Mamma di Alex, si contrappone in questo film la cupa realtà della polizia segreta, la Stasi.

Il film va oltre la descrizione documentale e approfondisce il clima di terrore che si respirava in una Berlino est grigia, dai grandi palazzi squadrati. La trama tocca numerose questioni, senza però mai dare l'impressione di scadere in divisioni bianconere. La morale e il giudizio sono sospesi e lasciati allo spettatore.

Il dramma si compie nel dilemma tra spirito di sopravvivenza ed etica sociale. La fedeltà, sia ai propri principi che all'amore, verso gli altri e se stessi, è messa in dubbio. Quando una società regredisce al punto da fare dei propri cittadini allo stesso tempo vittime e carnefici, non è possibile condannare o giustificare. E' permesso solo rimanere pietrificati, sullo schienale nel cinema, commossi e rabbiosi. La speranza è custodita nel cuore dell'uomo buono e solo l'arte e la cultura possono sprigionarla. Questo sembra essere l'unico messaggio che l'autore vuole suggerire in modo piuttosto esplicito.

Assolutamente imperdibile, da consigliare in particolare ai gemelli Kacynski della Polonia, per la loro caccia alle streghe di ex informatori del regime comunista.

Voto: 9

Sicilia, vergogna!

Ci vuole una faccia di bronzo per andare in Albania, Kosovo o Ucraina, salire in cattedra e spiegare che le elezioni devono essere trasparenti e oneste, quando a casa nostra ancora succede questo.

Se ormai è pura follia attendersi una presa di posizione della destra (men che mai della Chiesa troppo impegnata a fare "pulizia" altrove), Prodi e la sinistra dove sono???

Nel frattempo, il primo atto da sindaco di Palermo del rieletto Diego Cammarata (CdL) è una visita all'arcivescovo.

lunedì 14 maggio 2007

Caucaso, Georgia/ Le Spine delle Rose

Rivoluzione delle Rose, Tbilisi, 2003. Piazza della Libertà
Il Presidente Mikhail Saakashvili con George W Bush
Ajaria, Abkhazia e Shida Kartli (Ossezia del Sud) all'interno della Georgia.
Sotto, la posizione della Georgia in Europa.

Vino e turismo facevano della Georgia una delle più floride repubbliche dell’Unione Sovietica. Dal 1991, invece, è diventata esempio degli incandescenti equilibri etnici nel Caucaso.
Tre guerre hanno portato all’indipendenza di Ajaria, Abkhazia e Ossezia del Sud, tre piccoli Stati-marionetta riconosciuti soltanto dalla Russia. L’economia al disastro, la corruzione dilagante, le alleanze politiche tutte da ricostruire.

L’antica Iberia, Colchide (la terra del Vello d’oro) è al centro di un crocevia naturale tra Russia e Turchia, Caspio e mar Nero, tanto che nella storia è stata conquistata nell’ordine da Persiani, Greci, Romani, Turchi e infine Russi. Solo nel Medio Evo godette di una certa indipendenza, che ha lasciato come eredità la lingua georgiana (di ceppo caucasico, non indoeuropeo), un alfabeto georgiano e una religione cristiana nazionale, ortodossa. Oggi il petrolio e il gas che dal Caspio arriva in Occidente passa di lì, una ragione sufficiente per l’interesse di UE e America verso questo piccolo Paese, il quale contraccambia l’amore per gli USA per allonatanarsi della sfera di Mosca. In un gioco di ripicche, la Russia promuove un embargo economico, arma e finanzia gli staterelli indipendenti.
Nel 2003, la Rivoluzione delle Rose spazzò via il governo corrotto di Edvard Shevardnadze (l’ex ministro degli esteri di Gorbaciov) e il nuovo presidente Mikhail Saakashvili ha dotato il Paese di istituzioni maggiormente democratiche, combattuto l’evasione fiscale e attratto investimenti esteri (aliquota sui redditi al 12%) e l’economia è ripartita.

Ma l’ostacolo principale sulla strada della ripresa (e della NATO e dell’UE, alle quali la Georgia aspira), è la risoluzione delle tre contese territoriali. Saakashvili ha cominciato dal più semplice: l’Ajaria. Provincia di georgiani di fede musulmana, l’Ajaria è il passaggio obbligato per merci e persone verso la Turchia (e l’Europa). Nel 2004 è tornata sotto il controllo centrale di Tbilisi, senza spargimenti di sangue. La popolazione non era indipendentista, ma governata da un signorotto locale Aslan Abashidze, la cui destituzione ha permesso la riunificazione.
L’Ossezia del Sud, invece, è situata in corrispondenza del valico montano con la Russia (provincia di Shida Kartli) ed è popolata dai discendenti degli Alani, di lingua indoeuropea e fede ortodossa, in tutto nemmeno centomila. Tuttavia, i Sudosseti sono sostenuti dagli Osseti del Nord che fanno ancora parte della Federazione Russa, e dunque da Mosca in chiave anti-occidentale. Sul finire degli anni ’70 Tbilisi aveva cercato di assimilare gli Osseti, provocandone il risentimento. Attualmente Saakashvili, ha insediato un’amministrazione provvisoria a Tskhinvali (la capitale dell’Ossezia) in mano ad Osseti filo-governativi nella speranza di avviare dei negoziati con il resto dei ribelli.

E’ probabile che infine Saakashvili aprirà i negoziati con l’ultima repubblica indipendentista: l’Abkhazia. La terra che si allunga a nordovest nel mar Nero è abitata da genti caucasiche distinte dai georgiani, anch’essi però ortodossi. L’Abkhazia si trova ad un bivio: aperture verso Tbilisi significano la perdita dell’appoggio finanziario di Mosca, il legame con Mosca significa mantenimento di una situazione economica precaria separata dal mercato naturale georgiano. Di tanto in tanto, schermaglie riaccendono il conflitto e l’Abkhazia resta il principale attrito tra Russia e Georgia.

La risoluzione dei conflitti appare legata a quanto prima la Georgia saprà tentare l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud con la prosperità economica e del rinnovato potere negoziale. L’unica strada percorribile sembra essere quella seguita dall’Italia con l’autonomia del Sudtirol. Solo allora le porte del benessere (e forse dell’UE) potranno aprirsi per la Georgia.

domenica 13 maggio 2007

Riflessioni/ Ancora su Family Day e Coraggio Laico

Dalla giornata di ieri deduco due cose: il Famolo Dai era essenzialmente una protesta contro gay e lesbiche, con solo una piccola minoranza realmente convinta di manifestare per la famiglia. Il Coraggio Laico è stato un flop che non ha saputo scaldare il cuore se non ai diretti interessati.
Se a livello di Paese gli schieramenti pro e anti gay possono essere visti intorno a un 50 - 50, in politica i nuovi diritti civili sono difesi apertamente solo dai partiti più piccoli, diciamo un 20 contro 80.
Se il trend del resto dell'Occidente si dimostra efficace anche qui, possiamo lecitamente attenderci che tra 15-20 anni, l'Italia, partita in ritardo, arriverà gradualmente a dotarsi di leggi tolleranti, fino al matrimonio omosessuale e le adozioni. Sono abbastanza sicuro di questo, tuttavia la domanda diventa: vogliamo davvero aspettare così a lungo?
Se la risposta è no, abbiamo il dovere di guardare la realtà in faccia e comprendere che la battaglia, fin qui condotta, ha mosso solo i sassolini. C'è bisogno di maggiore creatività e durezza.
Personalmente, credo utopicamente che il modo migliore per smuovere la maggioranza degli Italiani dal torpore sarebbe questo: un coming out collettivo e compatto. Gay e lesbiche a spasso mano nella mano, che se vogliono scambiarsi un bacino di tanto in tanto, lo fanno sotto gli occhi di tutti. Tutti i lavoratori e studenti gay che non si nascondono più, che non mentono più. Lo so, le paure sono tante e le abbiamo tutti. Io per primo. Ma provocare conati di vomito in modo pacifista e naturale, su base quotidiana, mi sembra la strada più efficace per stringere i tempi. Un Coming Out Day nazionale per segnare lo spartiacque tra rassegnazione e coraggio.
Si aspettano proposte alternative.

sabato 12 maggio 2007

Foto/ Coraggio Laico, piazza Navona





Manifestazione per me, L. e D. sabotata dal "famoso" scrittore inglese anticlericale David Ranan..

venerdì 11 maggio 2007

Air/ Kelly Watch the Stars

Dedicato a Filippo Volandri.

giovedì 10 maggio 2007

Inno a Report



Oggi, una volta tanto, ho voglia di parlar bene di una storia italiana. Mi riferisco a Report, il giornalismo d'inchiesta condotto da Milena Gabanelli, in onda su Rai3 ogni domenica sera.

E' tra le mie trasmissioni preferite, uno di quei motivi che ti permette di mantenere in casa un televisore. Nella realtà italiana credo che sia l'unica chance di ottenere vero servizio pubblico dalla tv di Stato. Un programma duro, che non guarda in faccia a nessuno, nell'interesse esclusivo del cittadino. E' Report che mi chiarisce i problemi della giustizia italiana. E' Report che mi offre innumerevoli occasioni per riflettere e immaginare delle soluzioni ai nostri atavici guai.

Purtroppo va in onda in seconda serata, la domenica; di certo non raggiunge una platea abbastanza ampia da creare estese influenze sulla popolazione. Temo che finisca per "eccitare" sempre i soliti 4 gatti, lo sparuto gruppo di Italiani con il neurone più attivo degli altri.

Tuttavia Report c'è e questo ci basta. E' un segnale di ottimismo, segnale che qualcuno nel Paese ancora si indigna e compie lotte silenziose per il cambiamento. Sotto questo punto di vista, Report è un collante, aggrega, crea un'identità di gruppo per i reportari.

Non tutte le puntate suscitano lo stesso interesse, ovviamente. Alcune investigano un microcosmo troppo ristretto per essere nauseante e avvincente come altre più grandi indagini.

Eppure, basterebbe che un po' dello spirito civico degli autori di Report toccasse le altre fette della nostra società e potremmo chiamare la nostra Italia, finalmente, normale.

mercoledì 9 maggio 2007

SN2006gy/ Fine di una Stella

240 milioni di anni fa è esplosa una stella in una galassia che dista 240 milioni di anni luce dalla nostra. Per questa ragione, la sua luce è arrivata a noi lo scorso 7 maggio. Questa supernova, SN2006gy, è l'esplosione più luminosa che abbiamo mai registrato. Quando una stella è troppo pesante, la reazione termonucleare che si sviluppa al suo interno non riesce a controbilanciare gli strati superficiali pesanti e la stella collassa rapidamente. Il collasso provoca l'esplosione violenta di quasi tutta la materia stellare, ossia una supernova.

Cosa accadrebbe se una supernova esplodesse dalle nostre parti? Qui sotto vedete Eta Carinae, una stella morente a soli 7500 anni luce da noi. La stella ha già espulso del materiale gassoso (una cosiddetta supernova impostor) e si attende la definitiva trasformazione in supernova. La stella può esplodere in un intervallo tra adesso e un milione di anni. In teoria, potrebbe essere già esplosa dato che la osserviamo con uno scarto di 7500 anni. Eta Carinae (che si trova nella nostra Via Lattea nella costellazione della Carena) illuminerebbe a giorno la notte e apparirebbe accanto al sole nel cielo. La vita sulla Terra è protetta dall'atmosfera, ma le radiazioni danneggerebbero fortemente lo strato di ozono e non ne conosciamo le possibili conseguenze.



Il cielo stellato, apparentemente immutabile e sereno, è pieno di mostri, di distruzione e morte. Riduce all'infinitamente piccolo le nostre futili preoccupazioni terrestri.

martedì 8 maggio 2007

Cani randagi alla Corte dei Conti



Dalle mie finestre posso vedere come la Corte si reinventa Canile di Stato..

lunedì 7 maggio 2007

Update/ Mappa della legge sull'aborto


Dopo il referendum di febbraio, il parlamento del Portogallo ha legalizzato l'aborto in aprile.

Sempre in aprile, il governo del Distretto Federale di Città del Messico ha fatto la stessa mossa, rompendo un importante tabù in America Latina.

Francia/ L'inizio della Sarkozìa

Segolene Royal, come tutti sanno, è stata sconfitta. Se devo scegliere un'ipotesi alla base del fallimento, penso alle primarie. Non credo che abbia pesato tanto il suo essere donna, quanto il fatto di non aver mai guidato il suo Parti Socialiste come capo dell'opposizione. I Francesi non hanno mai avuto occasione di verificare le sue affermazioni, le sue posizioni. E' difficile scrollarsi di dosso le accuse di "vaghezza" quando non si ha mai avuto un ruolo politico di guida.

E così, rivince la destra, da ormai 13 anni all'Eliseo. 13 anni che, sottolineiamo, hanno segnato il declino della morale collettiva francese ed è paradossale che in un clima di crisi tanto diffuso e percepito, si possa affermare Nicolas Sarkozy come presidente di una nuova Francia.

Viene quindi da pensare che Sarkozy, più che un vincitore, è un vero peso massimo, capace di vendersi come novità, pur appartenendo ad un sistema partitico al potere da più di 10 anni. Forse contro un De Villepin avrebbe vinto Segolene, ma questo tipo di quesiti precipita nelle fosse con tutte le domande metafisiche.

Riconosco a Sarkozy il merito di aver saputo riassorbire la deriva populista di Le Pen, seppur al prezzo di una forte sterzata a destra delle politiche sull'immigrazione. Resta da vedere quanto tradurrà in pratica gli slogan di "rottura col passato".

Onestamente, non mi attendo una Thatcher di Francia che stravolge il mercato del lavoro in senso liberista. Né una relazione privilegiata con l'America a discapito della Germania (tanto più ora che a Berlino governa la Merkel della CDU). Mi aspetto che le cose cambino poco, una dialettica serrata di legge e ordine, pugno duro contro gli stranieri e maggiore controllo sui media e scetticismo contro Bruxelles "che chiede le riforme".

Insomma, uno Chirac spolverato a nuovo dai potenti amici media. Spero di sbagliarmi.

venerdì 4 maggio 2007

Family Day e la proliferazione dei Day

Siamo ormai vicini al 12 maggio, quando per le strade di Roma vedremo sfilare cortei in difesa della famiglia. Si può essere in disaccordo con questo? Assolutamente no.

Sfilare per la famiglia è come sfilare per la Croce Rossa, la scuola, la vita. Non c'è nulla di più ovvio, ed è per questo che l'ipocrisia degli organizzatori della manifestazione è tanto consistente e fragrante quanto la dolcezza industriale di un Mulino Bianco.

Avrei preferito che chiamassero la manifestazione, Valori day, Cristo day o anche AntiGay Day o, più camuffatamente, antiDico day. Ne avrebbero guadagnato in chiarezza. Chiamatela No Divorce day. Anti-day-after-pill day. Figli-come-Conigli day. Ma per favore lasciate stare la famiglia. Qui nessuno vuole distruggerla.

Ce l'avete con i gay? Anche noi vogliamo costruire delle famiglie, certo delle famiglie elettive, non di sangue, almeno per quanto riguarda gli omosessuali maschi.

Ce l'avete con il divorzio? eppure divorziare piò essere la scelta migliore quando i figli crescono in una casa dove volano ogni giorno i piatti.

Perché non sento mai parlare i Cattolici di lotta contro gli abusi e le violenze domestiche? forse non sono un danno maggiore per i legami familiari? non segnano le vite per sempre?

Chi ama la famiglia, o meglio, chi pone al centro della vita l'amore e gli affetti crede che il modo più opportuno per cementarli sono la consapevolezza e la cultura.
Vi prego: per una volta, fate una manifestazione per la Conoscenza.

Turchia/ Una lancia a favore di Erdogan

Tayyip Erdogan, Primo Ministro del partito di centrodestra Ak (bianco, puro)
Yaşar Büyükanıt, generale a capo dell'esercito turco
Mustafa Kemal, detto Ataturk (il padre della patria turca)

E' giunto il momento di spezzare una lancia a favore di Erdogan, il primo ministro turco esponente di un partito islamico moderato, Ak (analogo alla nostra DC, per chiarire).
La questione che infiamma la Turchia in questi giorni è l'elezione del presidente della Repubblica, che avviene sul modello italiano per via parlamentare. Il Parlamento è dominato dal partito Ak che conta quasi due terzi dei seggi. La restante parte è occupata dai Repubblicani (il centrosinistra laico e kemalista). Vediamo in sintesi qual è il problema.

L'attuale primo ministro voleva essere eletto presidente, forte di una maggioranza schiacciante e di sondaggi elettorali rassicuranti. L'esercito, però, che è custode dell'eredità laica di Ataturk (il fondatore del moderno stato turco), ossia del Kemalismo, si oppone alla salita di un islamico alla più alta carica dello Stato. Con l'esercito, l'opposizione e un buon 30% della popolazione turca. Tanto più che un unico partito, l'Ak si troverebbe in mano un'enorme concentrazione di potere. E fin qui tutto a posto. Erdogan fa un passo indietro e propone il suo ministro degli esteri filo-europeista, Abdullah Gul, al suo posto. Scattano le proteste. L'esercito minaccia un golpe a difesa della laicità dello Stato e la Corte Costituzionale cede alle pressioni dei militari invalidando il primo scrutinio parlamentare. Un milione di persone in piazza ad Istanbul contro l'Ak.

Risulta difficile ad un'analisi più approfondita condividere la scelta dei militari, i quali hanno una lunga storia di colpi di Stato alle spalle, sempre in difesa della laicità. La laicità kemalista di cui l'esercito si fa custode non corrisponde all'idea occidentale di divisione dei poteri e non si addice al concetto stesso di democrazia. L'Ak è un partito che gode di un sostegno popolare unico nella storia della Turchia. Ha dimostrato di essere un partito solo moderatamente religioso, tanto da avvicinarsi al Partito Popolare Europeo. Sotto la pressione dell'adesione all'UE, ha saputo implementare riforme che nessun altro partito turco aveva fatto. Abolizione della pena di morte, estensione dei diritti delle minoranze, politiche macroeconomiche di contenimento dell'inflazione e molto altro. La Turchia è un Paese diverso rispetto a cinque anni fa. Certo, resta molto da fare ancora.

L'opposizione teme che gli islamisti mostrino il loro volto duro e puro occupando la Presidenza ma ciò non può giustificare, in una democrazia moderna, una presa di posizione preventiva da parte dell'esercito. I potenti militari turchi non hanno ancora compreso che la difesa dello Stato laico sarà sempre di più una prerogativa dell'Unione Europea, quanto più intenso e rapido sarà il percorso di convergenza della Turchia verso gli standard europei. La stessa adesione all'UE, che è obiettivo dell'Ak, richiederà una revisione dei poteri militari (oggi totalmente indipendenti dalla politica) e di alcune questioni spinose per i Kemalisti, come il problema di Cipro o la minoranza curda e i rapporti con la vicina Armenia. Viene da pensare che l'esercito voglia soltanto mantenere i suoi attuali privilegi con la scusa della laicità. E che questa intransigenza soffi sul fuoco del risorgente nazionalismo turco in un momento di tensione con l'Europa per i difficili negoziati di adesione e con l'America per la sua morbidezza con il Kurdistan iracheno.

In definitiva, il niet dell'esercito rischia di allontanare la Turchia dall'obiettivo di una democrazia moderna e laica che fu il reale fondamento delle politiche di Kemal Ataturk. E' arrivato il momento per chi è amico della democrazia turca di sostenere con forza un partito islamico.
Chi l'avrebbe mai detto.

giovedì 3 maggio 2007

La Parola del XXI Secolo

folla di terroristi acclamanti ad un raduno terrorista

Terrorismo : concezione e pratica di lotta politica che fa uso della violenza (sotto forma di omicidi, attentati, rapimenti etc.) per sconvolgere gli assetti politici e istituzionali esistenti, valendosi di mezzi atti a incutere terrore.

Guerriglia: forma di lotta condotta da formazioni irregolari di armati che combattono un esercito regolare, specie con l'appoggio tacito della popolazione. (Zingarelli '96)

L'11 settembre 2001 sono cambiate molte cose. Tra queste, anche l'uso e il disgnificato di alcune parole. Sono troppo affezionato ad una Palombella rossa dove Moretti grida "le parole sono importanti!" per rassegnarmi a certi scivolamenti semantici.

Da quel giorno d'autunno di sei anni fa, terrorismo è il vestito di ogni imperatore nudo infastidito dalle critiche. Terrorismo è parola d'ordine per spiegare ogni tensione e conflitto nel mondo, per una massa evidentemente affamata di semplici spiegazioni. Terrorismo sta rubando il significato a dissenso, nelle parole di molti: da Putin il Terribile fino a Santa Madre Chiesa. Ricapitoliamo un po' alcuni grandi terroristi degli ultimi anni:

Sunniti e sciiti in Iraq: non si tratta di guerra civile, né di guerriglia. Sono chiari atti di terrore contro la popolazione inerme, ossia i militari americani ed europei. Si scannano a vicenda su base quotidiana: ciò rende la violenza davvero inusuale e sorprendente, puro terrore.

Afghanistan: le faide tribali con qualche cambio di vocale e consonante diventano terribili: ancora terrorismo!

Palestinesi e Ceceni: reagire con violenza ad un esercito occupante è odioso. Terroristi anche loro.

Kasparov e l'opposizione russa: l'ex campione mondiale di scacchi terrorizzava gli avversari con mosse imprevedibili. Ora che guida l'opposizione democratica contro Putin non ha smesso di essere un terrorista.

Al Qaeda, ETA, BR: gli unici reali terroristi DOC. Hanno sottoposto un reclamo all'Organizzazione Mondiale del Commercio, per evidente contraffazione del marchio e dumping sociale.

Rivera e i giovani del primo maggio: ricordare al clero la morte di dittatori che praticavano il terrore contro ogni oppositore è un gesto fuori luogo, gratuito e anche un po' terrificante. Se non è terrorismo questo!

I medici che praticano l'aborto: più volte accusati di omicidio, genocidio (e per questo in attesa di giudizio al tribunale dell'Aia per crimini contro l'umanità), ultimamente hanno abbracciato anch'essi la causa del terrorismo. Malvagi!

La lista è lunga e chiunque può aggiungere il suo terrorista preferito. Me ne rammarico se omesso. Nel frattempo, rimpiango terribilmente l'ottimismo degli anni Novanta.