giovedì 20 novembre 2008

Mastella strikes back! (vel De Selectione Dirigentium Piddinorum)


Riccardo Villari (Napoli, 15 marzo 1956), proveniente da una famiglia di medici, ha proseguito la tradizione laureandosi in medicina e diventando un esperto di epatite C.
Ha iniziato a fare politica nei Cristiani Democratici Uniti di Rocco Buttiglione; secondo quando raccontanto da Mastella fu l'ex ministro a convincerlo a trasferirsi nell'UDEUR, nominandolo segretario regionale del partito. Villari, dopo esser divenuto consigliere regionale, passò poi con i rutelliani e si propose come responsabile della Margherita in Campania ma venne sconfitto da Ciriaco De Mita che però, ben impressionato dal rivale, lo propose senza successo come candidato sindaco di Napoli.
Riccardo Villari fu eletto deputato alla Camera al termine delle elezioni politiche del 2001 nel collegio uninominale di Pomigliano D'Arco, confermò il suo seggio anche cinque anni dopo nella circoscrizione Campania 1 con le liste dell'Ulivo. Trasloca al Senato nel 2008, candidandosi con il Partito Democratico nella regione Campania.
Il 13 novembre del 2008 viene eletto con 23 voti presidente della Commissione Vigilanza della RAI: le preferenze gli arrivano principalmente da esponenti del PDL, mentre l'opposizione (composta dal Partito Democratico, da Italia dei Valori e dall'UDC), a cui tradizionalmente tocca la scelta dell'incaricato, si era schierata con Leoluca Orlando con la sola eccezione di due votanti.
Fonte: it.wikpiedia.org

martedì 18 novembre 2008

Obama & PD/ Almeno imparare qualcosa

Tra una festa per Obbbama e una bega interna, una lotta sulla RAI e il solito nulla cosmico, forse gli intelligentissimi vertici del PD, nel tepore del loro loft, potrebbero imparare un paio di cose dai loro colleghi americani. Certo, non è divertente come tradurre uno slogan in "se po' ffà".

1) Il territorio.
Per chi per anni ha creduto nel partito leggero e virtuale, la vittoria dei Democratici dev’essere un brusco risveglio. Gli USA sono simili all’Italia per il fatto che in entrambi i Paesi, la sinistra è una minoranza strutturale. La crisi dell’economia e di Bush non sarebbe stata sufficiente a chiudere il gap di consensi. Obama non ha vinto soltanto nella sua Tosco-Emilia-Romagna, ma ha saputo conquistare anche territori ostili come Virginia, North Carolina, Indiana che sono conservatori all’incirca come i nostri Piemonte (non-Torino) e Veneto.
I Democrats sono, è vero, un partito leggero. Ma la campagna elettorale, per le primarie (vere) e le presidenziali, impone ai partiti di assumere una forte presenza sul territorio per circa due anni. La struttura degli Obamisti è stata formidabile e meticolosa, per partecipazione e strategia. Volontari dal Texas e dalla California venivano spediti regolarmente in Stati incerti come Ohio e Nevada.
Per capire questo, in realtà, bastava studiare i risultati della nostra Lega Nord, abile a farsi percepire presente nelle classi operaie del Nord. Adesso, dopo Obama, non ci sono più scuse per il PD.

2) Il cambiamento.
Perché il tuo messaggio di novità sia credibile, non basta la retorica, capito Walter? In Italia non abbiamo una questione razziale, quindi tingersi la pelle di nero non ti aiuterà. Come neanche “avere più donne”, se queste tanto non contano nulla. Gli Italiani sono talmente disillusi con la politica che basterebbero due cose perché un partito sia credibile nel presentarsi come nuovo. Uno svecchiamento della classe dirigente e una linea chiara di azione, ossia niente litigiosità interna.
Il cambiamento di Obama, ovviamente, è più ampio del suo colore. E’ anche la promessa di una politica meno rissosa e meno dinastica, dopo venti anni di bushistas e clintonistas. In America ha soprattutto significato tornare a parlare del potere d’acquisto, sotto la forma del “ridiamo slancio al sogno americano”. Dunque, una componente emozionale, ma fortemente legata a problemi concreti vissuti ogni giorno dalle persone.

In Italia, il PD finora non ha promesso né una politica concreta, né la fine delle dinastie politiche. Ci è rimasto solo il sogno di Walter di volerci tutti più bene. Ma evidentemente, questo non basta a nessuno.

giovedì 13 novembre 2008

Annuario Istat/ Realtà e Speranza

A sfogliare l'annuario ISTAT 2008, si possono trovare tutti i motivi che fanno dell'Italia un paese anomalo a livello europeo.
Ad esempio, è chiaro che un Paese vecchio (con 1 over65 e mezzo per ogni under15), dove il 25% della popolazione ha solo la licenza elementare (! - sì, nemmeno media - e al 70% tra gli over65), è un Paese a forte deriva autoritaria, e a bassa coscienza democratica. Inoltre, poco meno di un terzo (32,5%) ha finito le scuole superiori, mentre solo il 10% è laureato.
Se questo può spiegare in parte il berlusconismo, altri dati mostrano la difficoltà di fare politica in un Paese altamente eterogeneo.
Al Sud i matrimoni religiosi sono l'80% del totale, mentre il Nord (53%) e il Centro (59%) sono ormai prossimi a diventare società a maggioranza laica, dato che il trend è in discesa. Questo la dice lunga sui rapporti tra politica e chiesa, ma anche dovrebbe suggerire al PD, che nel centronord è meglio lasciare alla destra il corteggiamento dei cattolici.
Elementi di speranza: gli under18 sono al 90% iscritti alla scuola superiore. Il 71% delle ragazze continua con l'università (i ragazzi, solo il 61%) e tra i 25enni di oggi il 24% delle ragazze sono laureate, mentre tra i maschi il dato scende al 17%. Dati più che doppi rispetto al totale della popolazione.
Insomma: forse quando tutti questi vecchi ignoranti che infestano il nostro paese saranno nella tomba, saremo anche noi un popolo più sveglio, meno pronto a farsi fregare dalla demagogia. E magari con molte più donne in posizioni di prestigio e potere.

giovedì 6 novembre 2008

Obama al test delle aspettative

Mi sto appena riprendendo dalla lunga notte elettorale, in cui il sito del NY Times diventava sempre più blu.. Sono immensamente felice. L'età Bush è finita, ma soprattutto un nero è diventato presidente. Anche se Obama non farà niente, il suo colore resterà comunque un traguardo importante, fino a ieri ritenuto irraggiungibile.
Ma il problema è che noi tutti ci aspettiamo ben più di questo. Forte di una rara doppia maggioranza alla Camera e al Senato, il mondo crede oggi che "un'altra America sia possibile", sul serio. Ci attendiamo in politica estera un'America salda, ma più multilaterale. Socialmente, un'America più giusta e solidale. Ma soprattutto sul piano interno, se il cambiamento può essere reale e duraturo, un esempio per le sinistre mondiali, occorre che Obama e il suo staff inventino una nuova ricetta economica che abbia successo, che possa davvero archiviare la Reaganomics.
Ha 4 anni di tempo. Buona fortuna e buon lavoro.