Visualizzazione post con etichetta Cine Film. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Cine Film. Mostra tutti i post

martedì 3 luglio 2007

Film/ The Grindhouse: Death Proof (A prova di morte)


Grindhouse sono i cinema americani che passano film di serie B: horror, thriller, western, spaccatutto. La versione originale comprende per un totale di 180 minuti due episodi scritti e diretti da due differenti registi (Planet Terror di Rodriguez e Death Proof di Tarantino). In Europa è visibile nelle sale solo il film di Tarantino.

Più che di una parodia del B-Movie anni '70, gli autori ricostruiscono fedelmente storie, luoghi e immaginario di quell'onda cinematografica. Non c'è ironia grottesca, ma un gioco intellettuale miniaturista.

Fotografia: superba

Dialoghi: brillanti

Storia: semi-inesistente

Musica: come sempre per Tarantino, ottima.

Non amo le opere fini a se stesse. Ma l'inseguimento in auto con la bionda sul cofano passerà alla storia.

Voto: 4,5

venerdì 8 giugno 2007

Film/ La Vie en Rose

Permettetemi la superficiale considerazione: Edith Piaf era davvero una sfigata, oltre che insopportabile.

Sono andato a vedere il film non sapendo che fosse, 3 euro in un cinema d'essai sono un investimento tollerabile che si è rivelato piacevole.La vie en rose ripercorre la vita della cantante francese, dalla sua nascita alla morte, in un gioco di flashback che può disorientare chi sia a totale digiuno (come me) di chansons e di anni '50.Come la maggior parte delle biografie cinematografiche, il film tende a santificare la vita della protagonista, indugiando un po' troppo nel melenso.

Tuttavia, la pellicola è nel complesso interessante. Apre una pagina di storia sull'evoluzione dello star system nell'intervallo tra le due guerre mondiali. Ma soprattutto, esplora in modo non banale il tema dell'artista maledetto. Ancora una volta, sembra confermata l'impressione che la creatività non possa che nascere dal dolore, e dall'emarginazione.

Voto: 6,5

martedì 15 maggio 2007

Film/ Le Vite degli Altri




Per chi ha visto e amato Goodbye Lenin, Das Leben der Anderen rappresenta il volto tragico della storia. All'ingenua adesione ideologica al socialismo della Mamma di Alex, si contrappone in questo film la cupa realtà della polizia segreta, la Stasi.

Il film va oltre la descrizione documentale e approfondisce il clima di terrore che si respirava in una Berlino est grigia, dai grandi palazzi squadrati. La trama tocca numerose questioni, senza però mai dare l'impressione di scadere in divisioni bianconere. La morale e il giudizio sono sospesi e lasciati allo spettatore.

Il dramma si compie nel dilemma tra spirito di sopravvivenza ed etica sociale. La fedeltà, sia ai propri principi che all'amore, verso gli altri e se stessi, è messa in dubbio. Quando una società regredisce al punto da fare dei propri cittadini allo stesso tempo vittime e carnefici, non è possibile condannare o giustificare. E' permesso solo rimanere pietrificati, sullo schienale nel cinema, commossi e rabbiosi. La speranza è custodita nel cuore dell'uomo buono e solo l'arte e la cultura possono sprigionarla. Questo sembra essere l'unico messaggio che l'autore vuole suggerire in modo piuttosto esplicito.

Assolutamente imperdibile, da consigliare in particolare ai gemelli Kacynski della Polonia, per la loro caccia alle streghe di ex informatori del regime comunista.

Voto: 9

venerdì 23 marzo 2007

Film/ Borat! Cultural Learnings of America for Make Benefit Glorious Nation of Kazakhstan

Sasha Baron Cohen ha la faccia come il culo. Il suo personaggio, Borat, fa ridere. Non perché il suo umorismo sia fine. Anzi. E' semplicemente il primo a spingere la commedia al limite del grottesco, e a volte del demenziale-vomitevole, per poter distruggere la società americana avvolta nel mito del politically correct. D'altra parte, Borat non è uno yankee senza peli sulla lingua. E' un reporter kazako e come tale, è "autorizzato" ad essere sconveniente agli occhi occidentali benpensanti. Come dice una dama dell'Alabama in una cena d'alta società "ci metterebbe poco a civilizzarsi, è delizioso".
Il meccanismo che rende il film interessante è il fatto che l'80% delle scene è stato girato come se fossero delle candid camera. Le persone, non sapendo di essere parte di un film, sono come una fogna su cui si solleva il tombino. Esce fetore. La spontaneità porta il pubblico di un rodeo della Virginia ad applaudire un Borat che grida "presidente Giorgio Bush beve sangue di ogni donna e bambino di terrorista Iraq". Il risultato è che alcune gag sono memorabili.
Non si salva nessuno: ebrei, zingari, gay, neri. Qualsiasi immaginabile minoranza riceve la sua dose di veleno. In questo senso, Borat è un esercizio salutare di democrazia e riflessione, che ci impone di non ritenere assodati, ad ogni livello della nostra società, i valori della tolleranza e del rispetto.
Resta la considerazione che Borat è un prodotto confezionato a puntino, originale solo per noi pubblico straniero. Borat è uno dei personaggi inscenati da Baron Cohen nel Da Ali G Show, uno spettacolo molto famoso negli USA. Un po' come i Fascisti su Marte di Corrado Guzzanti.
Gli 80 minuti di lunghezza sono sufficienti. Un bel gioco deve durare poco.. voto 6,5

mercoledì 7 marzo 2007

200 milioni di morti/ Le Invasioni Barbariche

Riassunto delle puntate precedenti..degli ultimi 4 secoli.

giovedì 1 marzo 2007

Film/ Saturno contro



Saturno contro. Ovvero, Saturno porta un sacco di sfiga.
Senza dirvi altro della trama, sparo subito: voto 7 e andatelo a vedere.
Il film casca a pennello in questo momento di crisi della politica italiana. La famiglia è un bene da tutelare sopra ogni cosa? Per Ozpetek, sì, ma quale? Non di certo quella tradizionale, che come ogni forma di società umana, non è immune da vizi. La famiglia di Ozpetek è la rete delle affinità elettive, gli amici, quelli che in una scena si autodefiniscono "siamo noi i parenti". Il tema dell'amicizia, comune in tutti i film del regista, può ricordare Le fate ignoranti, ma il parallelo finisce là dove inizia. Perché Saturno contro è un film corale, polifonico, decentrato e nessun personaggio può dirsi protagonista. Ed è forse questo, che lo rende particolarmente interessante ed "esportabile oltre Lugano". Seppure, all'estero, i temi del film potevano far discutere 20 anni fa.
Il cast raccoglie ogni attore italiano degno di nota degli ultimi anni. Mi hanno colpito un Accorsi invecchiato e, come al solito, monofaccia. Un' Ambra Angiolini che recita la parte forse meglio riuscita della sceneggiatura.
I dialoghi sono spesso brillanti e divertenti. L'attenzione per i dettagli, devo dire, è cresciuta parecchio rispetto ai precedenti film. Alcune scelte le ho trovate molto sottili e geniali.
- in ospedale una straniera piange al telefono, in disparte, in una lingua incomprensibile (forse ungherese). La lingua incomunicabile del dolore.
- si entra all'obitorio per l'ultimo saluto. Un'allegra samba brasiliana (Remedios di Gabriella Ferri). Lì per lì l'ho trovata fare a pugni col contesto, ma, riflettendo, non fa a pugni col senso della vita anche la morte improvvisa di un giovane trentenne?
C'è però qualcosa, in tutto il film, che mi lascia contraddetto e motiva il mio 7. I personaggi di Ozpetek camminano sui fili di dialoghi ragionati e, in un certo senso, politici. La voglia di fare apparire il punto di vista dell'autore è troppo evidente e si sente la mancanza di una tensione narrativa. Le scene si succedono, ma non fluiscono. Non c'è il dinamismo e la naturalezza che puoi trovare in un Almodòvar, al quale il regista strizza spesso l'occhio. Forse perché lo spettatore capisce presto lo svolgersi dell'intreccio e gli rimane solo da chiedersi in quale modo verrà gestita la storia, ma non quale sarà l'esito.
Da questo punto di vista, il film della maturità di Ozpetek è La finestra di fronte, e non Saturno contro.