domenica 17 giugno 2007

Roma Pride 2007/ Considerazioni: quale strategia per il movimento LGBT?

Il corteo può avere percorso 5 km per le strade di Roma, ma la strada verso i diritti civili è ancora molto lunga.
E' vero, la storica dimensione numerica del gay pride 2007 è eclatante: segnala che le manifestazioni LGBT crescono sempre di più, di anno in anno, e mostra con chiarezza che lo scarto tra politica e società italiana è abissalmente enorme.

Tuttavia, citando Mr Wolf di Pulp Fiction, è troppo presto per farci i pompini a vicenda. Uno sguardo alla scaletta politica italiana lo conferma:
Il governo di centrosinistra non ha la maggioranza parlamentare per varare il minimo sindacale, ossia i DiCo. Per questo dobbiamo ringraziare una legge elettorale particolarmente ingrata (ma anche il popolo italiano che si è scisso in un fifty fifty incredibile, nonostante 5 anni di governo Berlusconi). Nei sondaggi, il gradimento della coalizione si sgretola di mese in mese. A meno che non avvenga un miracolo, al più tardi nel 2011 il Paese tornerà nelle mani del centrodestra. E la destra italiana si sa bene quanto sia sensibile alle esigenze LGBT. Sebbene indugiare nelle previsioni a lunga sia quantomeno azzardato e un po' fantascientifico, possiamo ipotizzare che la sinistra non tornerà al potere prima del 2016. Tra nove anni. Prima di allora, è piuttosto improbabile che avvengano conquiste politiche per il movimento LGBT.

Se le prospettive politiche sono così sconfortanti, il buon attivista LGBT non deve arrendersi, ma trarre giovamento da questa analisi. E capire dove è necessario volgere l'attenzione. Partiamo da due dati:
Nonostante il pessimismo intermittente, il movimento omosessuale in Italia compie dei progressi enormi in tempi relativamente stretti. E' sufficiente pensare come l'omosessualità, fino a 5 anni fa, fosse un tabù della sfera privata; ora è un tema che fa tremare (e cadere) i Governi. La polarizzazione politica e mediatica che si verifica in questi anni è la naturale conseguenza dell'emersione di una scomoda verità nascosta. Il grande insegnamento del Pride 2007 è che, pur facendo di tanto in tanto un passo indiestro, la richiesta di diritti LGBT avanza inesorabilmente, segnando record storici di partecipazione popolare. Altra lezione è che il Gay Pride sembra, al momento, l'unica iniziativa che riesca ad attrarre una grande platea, se confrontata con il fallimento del Coraggio Laico, e il quasi fallimento del DiCo Day di febbraio (50.000 persone, anche se in crescita rispetto al Kiss2PACS 2004).
Il secondo dato da prendere in considerazione deve essere, ancora una volta, l'orientamento della società nel suo complesso. Il sondaggio condotto da Eurobarometro nel 2006 per conto dell'UE, segnala che soltanto il 31% degli Italiani è favorevole al matrimonio gay e un 24% alle adozioni, contro una media UE-25 rispettivamente del 44 e del 33%. Confrontando i dati italiani con quelli dei Paesi che si sono già dotati di partnership registrate, unioni civili o addirittura matrimonio, è chiaro che il sostegno della popolazione deve essere rinforzato.
Nel prossimo decennio di esilio dalla politica, l'attivismo LGBT deve porre la società italiana al centro di ogni strategia, deve saperla sedurre e conquistare. E' la condizione sine qua non per non giungere impreparati all'appello del 2016.

Resta dunque moltissimo da fare. I diritti civili saranno garantiti quando sapremo battere i vescovi in piazza per 3-1, come in Spagna alla vigilia del matrimonio gay, quando a fronte del milione di partecipanti al locale family day, gli omosessuali spagnoli ne portarono tre (e la Spagna ha venti milioni di abitanti in meno dell'Italia). Nel frattempo occorre continuare con le piccole battaglie quotidiane:
Dal coming out individuale che sensibilizza man mano l'ambiente circostante, ad un maggiore coinvolgimento dei media e dei settori più vitali dell'Italia.
Sarà poi utile portare il Gay Pride nazionale nelle realtà più bisognose di sostegno del nostro Paese: Napoli, la Sicilia, Bari. Ma anche Veneto e Lombardia profonda.
A livello politico, occorrerà insistere a livello comunale e/o regionale sui simbolici Registri delle Unioni Civili, in modo da creare un effetto a macchia di leopardo che crei la spinta propulsiva per le politiche di livello nazionale.

In breve: Mr Wolf ha ragione, il grosso deve ancora arrivare. Ma siamo pronti ad accoglierlo con la giusta serenità e l'entusiasmo, che la conoscenza del presente e del recente passato italiano devono necessariamente infonderci.

7 commenti:

river ha detto...

O gesù.

SINTESIIIIIIIIIIIIIII

L. ha detto...

Una cosa a cui non so dare una risposta è se l'esilio politico possa fare bene o male alla volontà del singolo GLBT (ussignùr) di essere/diventare un "attivista". Ora come ora lo scenario politico mi sembra tutto tranne che sensibile ad argomentazioni pro-glbt (mentre è sensibile e compatto su ogni argomentazione anti-glbt), direi che si questo si nota bene anche dagli sterili (?) commenti post gay pride.
Detto questo, siamo ancora qui a fare conti, di cinque anni in cinque anni, su un duemila-n in cui in Italia ci sarà "un qualcosa". Triste, profondamente triste.

river ha detto...

Eccone un altro con problemi di sintesi.

F ha detto...

Più che triste, siamo sfortunati a vivere in un Paese che attraversa una grave crisi politica.

Gli anacronismi della classe dirigente si scontano sotto parecchi aspetti; le tematiche LGBT sono uno di questi.

Guardiamo la realtà in modo oggettivo. Speriamo in una nuova legge elettorale e nuove leadership.

L. ha detto...

Più che altro, continuiamo a vivere al motto di "la speranza è l'ultima a morire"...

Anonimo ha detto...

Consolazione: noi laici siamo minoranza in Italia, ma stragrande maggioranza in Europa. Prima o poi il vento dell'emancipazione soffierà pure in Italia. Nel frattempo ... salutatemi la Binetti :-P

Anonimo ha detto...

ciao, da una settimana è nato GayToDay (www.gaytoday.it)un blog aggregator GLBT dove linkare i tuoi post...
facci un salto e se ti va iscriviti
Fabio aka FireMan