Le elezioni italiane del 2008 segnano una svolta epocale per la significativa riduzione dei partiti rappresentati in Parlamento. Tuttavia, testimoniano anche la scomparsa della socialdemocrazia dal nostro Paese. Il tempo dirà se sarà stato l’inizio di un lungo letargo o se il 13 aprile sarà proprio la data della sua morte. E questo dipenderà da come si evolverà la visione del PD.
Il Partito Socialista scomparirà dal Parlamento, non tanto per colpa dell’attuale legge elettorale, quanto perché paga ancora il prezzo della sciagurata corruzione morale dei suoi dirigenti di 25 anni fa, che lo ha ridotto al rango di nanetto da giardino della politica. Per chi ancora ravvisa in Bettino Craxi delle qualità da statista, queste qualità sono più che compensate dagli inquantificabili danni che quest’uomo ha imposto all’Italia e all’ideale che il PSI incarnava.
Dall’altra parte, per 12 anni (1996-2008) il PDS prima, i DS dopo, hanno rinunciato a rendere la socialdemocrazia un’autonoma forza di governo, relegati come erano nel ruolo di mediatori tra le forze cattoliche e comuniste del centro-sinistra inventato da Prodi. Formula, va ammesso, che si è rivelata fallimentare e suicida solo a posteriori, dato che siamo stati “tutti dell’Ulivo” per tanti anni.
Ma per quale motivo la dirigenza PDS-DS ha intrapreso quel percorso che si è concluso con la nascita del PD, con la fusione di un’idea socialista con il riformismo cattolico?
Se credevate che l’Italia abbia avuto 50 anni di governi cattolici con la DC, vi sbagliavate. L’Italia era un Paese del Comecon, il Patto di Varsavia, il blocco comunista. In nessun altro Paese occidentale, i post-comunisti hanno dovuto vergognarsi così tanto di quello che erano stati. Hanno creduto anche loro alla propaganda di Berlusconi e hanno creduto di essere eredi di Stalin, e non di Berlinguer. Dei gulag, e non degli asili di Reggio Emilia. In Repubblica Ceca e in Ungheria, in Estonia e in Romania, nessun partito socialista ex-comunista ha smesso di aspirare a governare e di chiamarsi PDS o PS. Nonostante i regimi dittatoriali da cui provengono, una volta reinventati non hanno più chiesto scusa. La socialdemocrazia è scomparsa solo in Polonia. E in Italia.
Noi ci siamo arrivati con la demonizzazione di Berlusconi (per il quale motivo, era necessario governare “a tutti i costi”, con i Mastella e i Bertinotti, motivando intere campagne elettorali per negativo, contro Berlusconi e non per un ideale di miglioramento sociale) e con lo scarso coraggio delle dirigenze D’Alema, Fassino e Veltroni a presentare la propria faccia alle elezioni per correre da soli (1996, 2001, 2006) e diventare l’unico referente maggioritario della sinistra di governo.
Nel frattempo, i nostri mostri reali, i Cattolici, non hanno mai abiurato alle bassezze etiche della lunga, cinquantennale, epoca democristiana: i fini machiavellici, l’ipocrisia morale, le alleanze con la criminalità organizzata, il clientelismo reso istituzionale. Nessuno, a sinistra, ha mai ritenuto opportuno insistere per tagliare i ponti con la Prima Repubblica. Nessuno ha mai chiesto a qualcuno di rendere conto di quella lunga stagione, dove sono germogliate tutte le odierne anomalie italiche. La parola d’ordine era corteggiare i voti moderati cattolici, essere “presentabili”, con chi presentabile non lo era mai stato. E mentre il centrosinistra rifioriva di galateo, la ricostruzione del nostro passato recente è stata lasciata nelle mani dei media di Berlusconi, con le sue chiacchiere, bugie (la sinistra che è miseria e morte) a diventare incontrastate verità storiche nell’immaginario collettivo di buona parte d’Italia.
Veltroni si è svegliato in ritardo e prova con il PD quel che il PDS doveva provare 12 anni fa. Ma il prezzo che l’Italia paga e pagherà per questi ritardi, queste scelte sbagliate, è altissimo.
Il mancato ricambio della classe dirigente (perché nelle megacoalizioni è facile nascondersi dietro a foglie di fico quando si perdono le elezioni, sono deresponsabilizzanti), la perdita della laicità come caposaldo dell’alternativa alla destra, lo smarrimento di un’etica forte e della giustizia sociale.
La scomparsa della socialdemocrazia.
Il Partito Socialista scomparirà dal Parlamento, non tanto per colpa dell’attuale legge elettorale, quanto perché paga ancora il prezzo della sciagurata corruzione morale dei suoi dirigenti di 25 anni fa, che lo ha ridotto al rango di nanetto da giardino della politica. Per chi ancora ravvisa in Bettino Craxi delle qualità da statista, queste qualità sono più che compensate dagli inquantificabili danni che quest’uomo ha imposto all’Italia e all’ideale che il PSI incarnava.
Dall’altra parte, per 12 anni (1996-2008) il PDS prima, i DS dopo, hanno rinunciato a rendere la socialdemocrazia un’autonoma forza di governo, relegati come erano nel ruolo di mediatori tra le forze cattoliche e comuniste del centro-sinistra inventato da Prodi. Formula, va ammesso, che si è rivelata fallimentare e suicida solo a posteriori, dato che siamo stati “tutti dell’Ulivo” per tanti anni.
Ma per quale motivo la dirigenza PDS-DS ha intrapreso quel percorso che si è concluso con la nascita del PD, con la fusione di un’idea socialista con il riformismo cattolico?
Se credevate che l’Italia abbia avuto 50 anni di governi cattolici con la DC, vi sbagliavate. L’Italia era un Paese del Comecon, il Patto di Varsavia, il blocco comunista. In nessun altro Paese occidentale, i post-comunisti hanno dovuto vergognarsi così tanto di quello che erano stati. Hanno creduto anche loro alla propaganda di Berlusconi e hanno creduto di essere eredi di Stalin, e non di Berlinguer. Dei gulag, e non degli asili di Reggio Emilia. In Repubblica Ceca e in Ungheria, in Estonia e in Romania, nessun partito socialista ex-comunista ha smesso di aspirare a governare e di chiamarsi PDS o PS. Nonostante i regimi dittatoriali da cui provengono, una volta reinventati non hanno più chiesto scusa. La socialdemocrazia è scomparsa solo in Polonia. E in Italia.
Noi ci siamo arrivati con la demonizzazione di Berlusconi (per il quale motivo, era necessario governare “a tutti i costi”, con i Mastella e i Bertinotti, motivando intere campagne elettorali per negativo, contro Berlusconi e non per un ideale di miglioramento sociale) e con lo scarso coraggio delle dirigenze D’Alema, Fassino e Veltroni a presentare la propria faccia alle elezioni per correre da soli (1996, 2001, 2006) e diventare l’unico referente maggioritario della sinistra di governo.
Nel frattempo, i nostri mostri reali, i Cattolici, non hanno mai abiurato alle bassezze etiche della lunga, cinquantennale, epoca democristiana: i fini machiavellici, l’ipocrisia morale, le alleanze con la criminalità organizzata, il clientelismo reso istituzionale. Nessuno, a sinistra, ha mai ritenuto opportuno insistere per tagliare i ponti con la Prima Repubblica. Nessuno ha mai chiesto a qualcuno di rendere conto di quella lunga stagione, dove sono germogliate tutte le odierne anomalie italiche. La parola d’ordine era corteggiare i voti moderati cattolici, essere “presentabili”, con chi presentabile non lo era mai stato. E mentre il centrosinistra rifioriva di galateo, la ricostruzione del nostro passato recente è stata lasciata nelle mani dei media di Berlusconi, con le sue chiacchiere, bugie (la sinistra che è miseria e morte) a diventare incontrastate verità storiche nell’immaginario collettivo di buona parte d’Italia.
Veltroni si è svegliato in ritardo e prova con il PD quel che il PDS doveva provare 12 anni fa. Ma il prezzo che l’Italia paga e pagherà per questi ritardi, queste scelte sbagliate, è altissimo.
Il mancato ricambio della classe dirigente (perché nelle megacoalizioni è facile nascondersi dietro a foglie di fico quando si perdono le elezioni, sono deresponsabilizzanti), la perdita della laicità come caposaldo dell’alternativa alla destra, lo smarrimento di un’etica forte e della giustizia sociale.
La scomparsa della socialdemocrazia.
2 commenti:
ma questo barb è uno spam o lo conosci? hai visto il link? ma chi ci crede?!
è spam, è spam..
Posta un commento