Ottobre porta numerose notizie per quanto riguarda i diritti delle coppie omosessuali. Le maggiori novità arrivano dal Sudamerica. Dal 1 novembre 2007 l'Uruguay sarà il primo paese latinoamericano a garantire delle unioni civili ai propri cittadini, mentre in Colombia la Corte Costituzionale ha riconosciuto numerosi diritti alle coppie conviventi (anche omosessuali) dando vita di fatto a partnership non registrate. Sembra che il legame linguistico con la Spagna di Zapatero si rifletta anche nella legislazione LGBT, come testimoniano le unioni civili erogate a livello comunale da Città del Messico, Buenos Aires e perfino nella lusofona Porto Alegre. Un'altra dimostrazione di laicità da parte di un continente cattolicissimo.
Venendo al nostro continente, l'onda di diritti cominciata in Europa Occidentale raggiunge la Mitteleuropa. E qui la Svizzera fa da modello, avendo introdotto le unioni civili tramite referendum (unica al mondo) a partire dallo scorso 1 gennaio. Legislazione identica a quella elvetica è stata presentata dal parlamento del piccolo Liechtenstein per conto del partito progressista Freie Liste. Con la stessa ispirazione, qualche giorno fa in Austria la Grande Coalizione di democristiani e socialisti ha portato in aula una proposta di legge. Rimanendo nell'ex impero asburgico, la sinistra in Croazia ha annunciato di aggiornare le attuali partnership non registrate a vere e proprie unioni civili in caso di vittoria alle elezioni di novembre.
Tempi più lunghi per quanto riguarda, invece, i matrimoni gay. In Islanda e in Svezia i parlamenti stanno discutendo delle leggi che renderebbero "gender neutral" l'istituto giuridico del matrimonio. Attualmente le partnership domestiche assicurano tutti i diritti spettanti alle coppie eterosessuali, compresa l'adozione. Tuttavia vi è un ampio consenso che negare il nome di matrimonio a tali partnership resti una forma di discriminazione da superare. Forse più rapido l'iter di una simile legge in Norvegia, dove la sinistra gode di una maggioranza più solida. Nel frattempo il Partito Liberale di Ungheria (SZDSZ), alleato minore dei Socialisti al governo, ha presentato un progetto di legge che ritiene di poter approvare nel corso del 2008. L'Ungheria passerebbe dunque dalle unioni non registrate ai matrimoni in un colpo solo. Sono però piuttosto scettico sulla riuscita del provvedimento, considerato che solo il 18% della popolazione si dice d'accordo e che anche se il governo gode di una maggioranza larghissima, è attualmente in caduta libera nei sondaggi (dal 50 al 22%) per via dello scandalo dell'anno scorso sulle bugie del premier Gyurcsany.
Negli USA, infine, il governatore dello stato di New York ha proposto di persona il samesex marriage. La legge di Spitzer ha passato la camera bassa ma dovrà superare indenne il senato a maggioranza repubblicana, il che è improbabile. Anche la legislatura del piccolo Rhode Island sta esaminando il capitolo matrimoni.
E così mentre il mondo piano piano si muove, i diritti LGBT in Italia restano invariabilmente fermi. Non rimane che riporre le speranze nel Charter of Rights incorporato nel nuovo Trattato di Lisbona che sarà ratificato dai Paesi UE nel corso del 2008.
1 commento:
In Italia tutti li vorrebbero, ma nessuno ha le capacità politiche per far capire la cosa ai cittadini.
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