martedì 30 ottobre 2007

Update/ Unioni Civili nel Mondo


Ottobre porta numerose notizie per quanto riguarda i diritti delle coppie omosessuali. Le maggiori novità arrivano dal Sudamerica. Dal 1 novembre 2007 l'Uruguay sarà il primo paese latinoamericano a garantire delle unioni civili ai propri cittadini, mentre in Colombia la Corte Costituzionale ha riconosciuto numerosi diritti alle coppie conviventi (anche omosessuali) dando vita di fatto a partnership non registrate. Sembra che il legame linguistico con la Spagna di Zapatero si rifletta anche nella legislazione LGBT, come testimoniano le unioni civili erogate a livello comunale da Città del Messico, Buenos Aires e perfino nella lusofona Porto Alegre. Un'altra dimostrazione di laicità da parte di un continente cattolicissimo.


Venendo al nostro continente, l'onda di diritti cominciata in Europa Occidentale raggiunge la Mitteleuropa. E qui la Svizzera fa da modello, avendo introdotto le unioni civili tramite referendum (unica al mondo) a partire dallo scorso 1 gennaio. Legislazione identica a quella elvetica è stata presentata dal parlamento del piccolo Liechtenstein per conto del partito progressista Freie Liste. Con la stessa ispirazione, qualche giorno fa in Austria la Grande Coalizione di democristiani e socialisti ha portato in aula una proposta di legge. Rimanendo nell'ex impero asburgico, la sinistra in Croazia ha annunciato di aggiornare le attuali partnership non registrate a vere e proprie unioni civili in caso di vittoria alle elezioni di novembre.


Tempi più lunghi per quanto riguarda, invece, i matrimoni gay. In Islanda e in Svezia i parlamenti stanno discutendo delle leggi che renderebbero "gender neutral" l'istituto giuridico del matrimonio. Attualmente le partnership domestiche assicurano tutti i diritti spettanti alle coppie eterosessuali, compresa l'adozione. Tuttavia vi è un ampio consenso che negare il nome di matrimonio a tali partnership resti una forma di discriminazione da superare. Forse più rapido l'iter di una simile legge in Norvegia, dove la sinistra gode di una maggioranza più solida. Nel frattempo il Partito Liberale di Ungheria (SZDSZ), alleato minore dei Socialisti al governo, ha presentato un progetto di legge che ritiene di poter approvare nel corso del 2008. L'Ungheria passerebbe dunque dalle unioni non registrate ai matrimoni in un colpo solo. Sono però piuttosto scettico sulla riuscita del provvedimento, considerato che solo il 18% della popolazione si dice d'accordo e che anche se il governo gode di una maggioranza larghissima, è attualmente in caduta libera nei sondaggi (dal 50 al 22%) per via dello scandalo dell'anno scorso sulle bugie del premier Gyurcsany.


Negli USA, infine, il governatore dello stato di New York ha proposto di persona il samesex marriage. La legge di Spitzer ha passato la camera bassa ma dovrà superare indenne il senato a maggioranza repubblicana, il che è improbabile. Anche la legislatura del piccolo Rhode Island sta esaminando il capitolo matrimoni.


E così mentre il mondo piano piano si muove, i diritti LGBT in Italia restano invariabilmente fermi. Non rimane che riporre le speranze nel Charter of Rights incorporato nel nuovo Trattato di Lisbona che sarà ratificato dai Paesi UE nel corso del 2008.

domenica 21 ottobre 2007

L'Università in Svizzera

Dato che un post di Titollo è sfociato in una diatriba sui sistemi universitari, racconto le miei impressioni sull'istruzione in Svizzera.

Nelle classifiche internazionali, come quella stilata dalla Shanghai University, gli unici Paesi europei che vantano degli atenei di prestigio sono l'Inghilterra, la Svizzera e la Svezia. Senza dilungarmi sui meriti (e demeriti) degli altri due Paesi, posso cominciare dicendo che in Svizzera le università costano in media meno che in Italia. Gli istituti pubblici arrivano a domandare 500 euro all'anno agli studenti più ricchi. Altrimenti, esistono delle facoltà semipubbliche, come il mio HEI, che costa 3000 euro all'anno. Alla Sapienza spendevo 1000 euro circa, ma in Italia le private come la Luiss o la Bocconi arrivano ad esigere 8000 euro. Considerando che nel mio istituto insegnano gli allievi di premi Nobel come Solow, e che a livello internazionale l'HEI gode di ottima fama (al FMI gli alumni HEI sono la comunità più grande) posso dire che la Svizzera offre un'ottima qualità a prezzi largamente accessibili.

Per quanto riguarda l'organizzazione interna dei corsi, anche qui è in vigore la Riforma di Bologna (ossia il 3+2). La differenza principale riguarda l'ordinamento degli esami. Non esistono appelli, né sessioni autunnali a settembre (retake session). Alla fine di ogni corso, qualche giorno dopo, si tiene lo scritto. La maggior parte dei professori permette di avere un esonero (midterm exam) e comunque nel voto finale rientrano anche voci quali assiduità di frequenza, risultato degli esercizi per casa, partecipazione ai dibattiti. Se il voto finale non raggiunge la sufficienza, è necessario rifrequentare il corso l'anno successivo. In ogni caso il diploma non può richiedere più di 2 anni e dunque sta allo studente decidere come organizzare i crediti nell'arco del biennio. In casi eccezionali per i quali non ci si presenta all'esame finale (es: grave malattia), è possibile che il professore conceda allo studente una data extra.


Il sistema si regge sul fatto che l'intero insegnamento si concentra sul superamento del corso da parte degli studenti. Ogni settimana ci sono 2 ore di lezione (lecture) e 2 di esercitazioni (review session). Il numero ridotto di studenti (noi siamo 13) fa sì che seguendo le lezioni e le review (entrambe obbligatorie) il grosso dello studio si faccia in classe e che si arrivi agli esami con una conoscenza assorbita gradualmente nel trimestre, senza le italianissime "chiuse" di gennaio.
Anche all'Università di Ginevra, dove la mia coinquilina studia Relazioni Internazionali, il sistema è lo stesso e gli studenti non sono mai più di 50. La differenza è che la triennale (baccalaureat universitaire) ha una soglia rigida dopo il primo anno, mentre il funzionamento dell'ultimo biennio (esami, bocciature) è identico al biennio di master. Per superare il primo anno è necessario superare i 2/3 dei crediti ECTS previsti. Altrimenti si ripete e non si possono seguire i corsi degli anni successivi. E si perdono anche gli esami superati.

L'età media dei docenti è un po' più bassa di quella italiana (50-60) ma le review session sono tenute da assistenti (TA) che in genere sono studenti del PhD. Il fatto poi che l'Università sia così prestigiosa a livello globale e che i corsi sono interamente in Inglese, attira studenti (e docenti) da tutto il mondo e questo crea un'esternalità positiva per l'apprendimento. Per me è molto buffo ascoltare micro con un TA giapponese, matematica con un indiano, macro con un'italiana e studiare accanto a una compagna thailandese, una canadese, un algerino e una greca.

Dal punto di vista della qualità dei contenuti, mi sembra ad una prima impressione, che le università italiane esprimano un ottimo livello. Il problema semmai è che sono percepite come troppo sbilanciate verso la teoria anziché la pratica. Questa considerazione fa solo rabbia, perchè significa che gli atenei italiani, con la giusta organizzazione, sarebbero di eccellenza globale. Altro handicap italiano è l'ostinazione con cui la specialistica viene impartita in italiano anche in quelle lauree dove l'inglese sarebbe preferibile (economia, fisica, ingegneria etc).

Purtroppo la sinistra italiana crede che il sistema attuale sia l'unico a garantire equità. Tuttavia, ignora terribilmente il fatto che LA MOBILITA' DI CLASSE E L'UGUAGLIANZA SONO AI MINIMI STORICI in Italia. E ciò significa che qualcosa nella nostra università si è rotto, dato che questa non assicura più una meritocrazia ugualitaria. Ma anzi, rinfocola le disparità.

Pensando al mio caso personale, credo che il problema non sia che in Italia la laurea equivalga a un pezzo di carta igienica. Per molte professioni e per fare carriera accademica è sufficiente studiare in Italia. Il problema sorge quando le ambizioni ti portano a mirare alto (organismi internazionali in economia, ricerca nelle materie scientifiche, etc). Non resta che emigrare a quel punto. E qui si capisce che il sistema universitario italiano non è più capace di portare i propri cittadini al top del mondo.

Naturalmente, l'edificio nella foto è la sede dell'HEI a Ginevra: Villa Barton, in riva al lago.

sabato 20 ottobre 2007

Astronomia/ Domande Infantili


Perché la chiamiamo "mezzaluna islamica", quando è ovvio che è una luna crescente?

giovedì 18 ottobre 2007

Nightwish - Sleeping Sun

D. mi diceva sempre che i Finlandesi ascoltano metal che inneggia a sgozzare le vergini. Ma non è vero! Mi hai ingannato!

In casa, la mia coinquilina non ascolta che questo.

mercoledì 17 ottobre 2007

Riflessioni/ Parlare la lingua di pochi

Quando ero più piccolo, mi piaceva l'inglese per le sue parole brevi, il francese perché ci sono più X e Y di un'equazione matematica, il tedesco per i pallini sulle vocali. Col tempo, sono stato incuriosito dall'islandese per la sua immobilità, dal turco per l'armonia e dal croato per la sua flessibilità. Ma in questi giorni sto realizzando cosa significa parlare italiano.
Tra le grandi nazioni europee, l'Italia è l'unica a parlare una lingua esclusiva. L'Inglese fa parlare il mondo intero, la Spagna ha il Sudamerica, il Francese ha ancora un appeal internazionale, sia come seconda lingua, sia nelle ex colonie, e il Tedesco, almeno in Europa, oltre che essere parlato da quasi 100 milioni di persone, è lingua di cultura in molti Paesi. Perfino il Russo è uno strumento di comunicazione che supera i confini nazionali. Noi Italiani, invece, siamo un buon numero (circa 60 milioni), ma parliamo una lingua purtroppo provinciale.
Nulla di male in tutto questo. Il problema è culturale. L'Italia è un Paese poco conosciuto in modo diretto dal resto del mondo. Se si escludono le esperienze vacanziere, nessuno legge i nostri libri, nessuno ascolta la nostra musica, nessuno conosce i nostri giornali. In poche parole, il nostro immaginario collettivo, tutto il nostro sistema di riferimenti, è perduto al di fuori dell'Italia. E siccome è sconosciuto, mi sto rendendo conto che per molti stranieri è come se l'Italia non producesse nulla di culturale. Appariamo come un Paese vecchio, con città piene di arte, ma in qualche modo "out", fuori dai circoli culturali internazionali. Non c'è scena in Italia, chi mai si trasferirebbe in un Paese con una lingua poco spendibile sul mercato mondiale?
Pensavo che tutto questo fosse nostro demerito. Ma ora che studio in un prestigioso istituto europeo, dunque, con delle menti che si presumono eccellenti, sto rivedendo certi nostri assunti vittimistici. A leggere uno dei miei blogger preferiti, Zarathustra, l'Italia ne esce distrutta, come un Paese di ignoranti subumani. Ma se la sua storia personale si riferisce soprattutto al nordest, alla pianura, la mia è quella di essere vissuto nella capitale, con amici a Firenze, Bologna, Milano e Torino. A Roma con i miei coetanei parlo di politica, andiamo alle mostre, si va spesso al cinema, ci si scambia dei libri. Forse non siamo dei giovani italiani medi, ma pensavo che il nostro livello fosse europeamente regolare.
Qui invece mi sembra di scoprire profonda ignoranza. E non parlo solo di Svizzeri, i miei compagni di classe vengono da tutto il mondo. Se chiedi se hanno letto un libro o visto un film, ti guardano esterrefatti appena ti allontani dal blockbuster. Molti svizzeri alemanni (cioé di lingua tedesca) giudicano la preferibilità di una città in base a parametri quali velocità dei mezzi pubblici, pulizia delle strade, accessibilità del lago. Ma di accessibilità alla cultura non ne parlano! E non sono dei vecchi decrepiti, ma ragazzi di 20 anni.
In Svizzera lo studio della storia è semiopzionale. Al liceo, ogni anno, si studia un tema diverso: es: caccia alle streghe, sviluppo dei film western. La storia antica si studia a 11 anni e poi mai più.
L'immagine dell'Italia all'estero è quella di un Paese ignorante. Se per molti aspetti è vero che è un Paese conservatore e chiuso di mentalità, è anche vero che è capace di esprimere una ottima elite culturale. Credevo che questo fosse vero di ogni Paese, ma ora non lo so più. Penso che la nostra cultura, nella nostra lingua, la parliamo tra noi e che fuori arriva ben poco. Siamo importatori netti di conoscenza.

martedì 16 ottobre 2007

Prime volte

Alitalia batte Easyjet 179 a 303 euro. Mi emoziona volare per la prima volta con Alitalia.

sabato 13 ottobre 2007

Gentilìzzera

Tra i lati buoni della Confederazione Elvetica c'è l'educazione delle persone.

Flash. Torno verso casa dalla Coop (sì, le nostre Rosse). Mannaggia ho dimenticato il pane. Mi trovo una macchina piena di vecchiette e buste della spesa con due ruote sul marciapiede. Sono costretto a circumnavigarla. Mentre giro intorno, una vecchietta sorridente mi dice "scusi signore". Aggiungo che appena mi faccio la barba dimostro 12 anni. Penso "O cazzo, mo' mi chiede delle informazioni stradali che non conosco..e qui bisogna sempre darle!". Invece no, la vecchia serafica si scusa per aver parcheggiato male la macchina. Un po' come tutti i giorni a Roma, no??
La prima sera a Ginevra ci aggiravamo con Matteo alla disperata ricerca di un parcheggio. Al semaforo un automobilista mi vede armeggiare con la mappa stradale. E ovviamente si ferma al rosso per aiutarci e suggerirci come trovare dei parcheggi gratuiti.

Una settimana fa chiedo dov'è una via ad una bella signora distinta senza due dita. Questa, in preda ad una crisi spasmodica di gentilezza, prima si dispera, poi, nonostante le due grandi buste della spesa (e un arto privo di due dita, aggiungo), si dimena alla ricerca di un negozio per chiedere informazioni. Infine mi segue per un tratto, assicurandosi che io imbocchi la direzione giusta.
Nel mio sbalordimento di fronte a questi comportamenti, che chiunque li mostrasse in Italia, verrebbe scambiato per un alieno, o peggio per un vecchio moralista o un semplice fesso, mi domando come questi Svizzeri dal cuore gentile possano poi votare un fascista come Blocher o vivere senza un sistema sanitario pubblico e non lamentarsene.
Contraddizione #1: Gentilezza senza solidarietà.

giovedì 11 ottobre 2007

Non è tutto oro quel che Svizzera


Due mesi di assenza dal blog sono giustificabili quando si tratta di trasferirsi in un'altra città e in un altro Paese. Un po' di assestamento, cambia tutto: lingua, abitudini, persone. Non mi sento ancora del tutto a posto, la solitudine si fa sentire ancora e la testa guarda sempre all'indietro, verso Roma.
Ma ora c'è Ginevra, e la Svizzera. Paese dove non mi sarei mai sognato di vivere. Ma il mio europeismo è stato vinto dall'insistenza del mio relatore perché provassi l'esperienza di studiare all'HEI. Ed eccoci qua..
Domenica prossima la Svizzera vota per il parlamento e questo, insieme a tante altre considerazioni fatte in quest'ultimo mese, mi spinge a tornare a scrivere.
C'è tanto da raccontare sulle abitudini di questa strana nazione, che per ora, mi resta assai poco simpatica.
A differenza di altri blogger che leggo, sempre pronti a fustigare l'Italia dalla loro posizione di espatriati, ora che lo sono anch'io, sono giunto a due conclusioni alternative:
1) o loro giudicano più severamente di me le malefatte italiane.
2) o i Paesi dove vivono loro sono meglio della Svizzera
E' ovvio che la Svizzera non è "peggio" dell'Italia, anzi. Per moltissimi aspetti avremmo tanto da imparare dagli Elvetici. Ma in fatto di contraddizioni interne, la Svizzera ne ha in abbondanza, forse ancora più dell'Italia. E il fatto che questi contrasti siano ben celati sotto uno spesso strato di opulenza e orologesca efficienza, rende ancora più perplessi e contraddetti.
In sintesi, non è tutto oro quel che Svizzera. Vedrete perché..